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Si amano come si impara ad andare in bicicletta.

“Mi è sempre piaciuto leggere. Leggere di tutto. Dalle frasi sui muri, ai libri che contano, ai libri che non contano per la maggior parte, ai giornali, ai pensieri sui post it.
Non pensavo di arrivare a dire che mi avrebbe aiutato.
Come la musica. Ultimamente la vivo in modo diverso. E’ una parte di me. Ci sono dei brani che sono veri e propri pezzi di me.
Ho imparato che con la musica ci si può esprimere. Anche senza comporla. Qualcuno ha trovato le parole e le note per te.
Ti calma, ti carica, ti sceglie, ti scopa.
Una volta l’ascolti per studiarla. La seconda la deformi a tua immagine e somiglianza. La terza la senti tua.
Con i libri ultimamente è lo stesso. Sarà che sto facendo delle scelte letterarie particolarmente azzeccate. Ma tutte le volte sembra che parlino di una parte di me.
Che sono in grado di affrontare. O di esprimere. E mi sento, dopo aver letto, come se avessi urlato a diritto per un’ora. O come se avessi pianto ininterrottamente per due giorni. O come se avessi fatto l’amore tutta la notte. Spossata, distrutta, ma felice.

Ho deciso che devo volere di più. Che devo pretendere di più dalla vita. Perchè se ci penso..
Cazzo. Non può essere tutta qua.
Ci deve essere altro per forza. Dove ancora non ci siamo spinti. Dove la maggior parte delle persone non hanno il coraggio di spingersi.
Devo cambiare la visuale. La prospettiva. 
Devo volere per me. E non per gli altri. Prima per me. E poi per gli altri. Qualcuno disse che se non si impara a conoscere, amare e stare soli con se stessi, non saremo mai in grado di farlo con gli altri. Ed è vero. 
La sensazione che sei qualcosa di grande. Che hai qualcosa di grande da offrire. Che devi liberarlo. Che devi materializzarlo.
Non voglio avere appuntamenti della mia vita sull’agenda. Nascita. Scuola. Università. Lavoro. Matrimonio. Figli. Morte.
Sembra davvero che sia stato tutto già deciso per te. La verità è che chi lo crede ha gli occhi annebbiati.
Sei tu che decidi. Sei tu che trovi la giusta spinta. Sei tu che puoi decidere se assaporare i momenti. O buttarli giù senza neanche masticare.
Guarda i volti. Guarda il mondo. Guarda paesaggi, paesi, continenti. Conosci. Ascolta i rumori. Studia i colori. 
Trova il modo di fare quello che ti piace. Anche se ti dicono che è stupido. Anche se pensi di risultare ridicolo. Anche se poi piangerai.

Ho deciso di volere di più. Non voglio limitarmi a cercare di scoprire se l’amore esiste. Non voglio avere come Sogno la Famiglia. Perchè quella semmai è qualcosa con cui si condivide un sogno. Non me ne frega un cazzo di amare qualcuno. Io voglio amare la vita.”

Scrissi questa cosa qualche anno fa. E ci sono rimasta di merda perchè ero proprio cazzutissima. Più che altro mi sono chiesta se dopo aver scritto queste cose fossi riuscita a seguirle alla lettera. Per alcuni versi si, per altri ancora no. Ci vuole un gran coraggio a vivere in questo modo. La famiglia. Stanotte ho fatto un sogno tremendo, sono stata malissimo (sì, purtroppo o per fortuna io i sogni li ricordo quasi tutti), i miei genitori si stavano separando, cioè così da un giorno all’altro senza spiegazioni nè mezzi termini “divorziamo” e arrivederci e grazie. Oltretutto a peggiorare la situazione ricordo che dovevamo andare ad una specie di cerimonia di una qualche ricorrenza e per evitare imbarazzi nella prima parte di tale evento fu presente mio padre, che ad un certo punto sparì e comparve mia madre (in sella ad una Vespa, tra le altre cose). Il sogno successivamente si è spostato in una casa al mare in cui io e mia sorella passavamo il tempo a fumare spinelli di alta qualità e mio padre ci beccava. Ok, quest’ultima parte non c’entra nulla con il senso che volevo dare al sogno ma c’è stata e mi sembrava giusto raccontarla. Comunque, sono stata malissimo. E stamattina mi sono svegliata col dubbio che i miei genitori stessero davvero divorziando e che io avessi realizzato solo adesso. Per fortuna non è così, ma ho pensato che potrebbe succedere da un giorno a un altro così come potrebbe succedere qualsiasi cosa. Poi ho pensato ai miei genitori e ho capito che invece non potrebbe mai succedere. Io li guardo e vedo due persone che sanno cosa significa amare davvero. Cosa significa “con-dividere”. Vorrei riuscirci anche io un giorno.

I miei genitori si sono conosciuti molti molti anni fa in un posto che più classico non si può: la discoteca. Ok, non era proprio proprio una discoteca, era, come la chiamavano loro, una sala da ballo. Cioè, per capirci, i ragazzi passavano il loro tempo a bere al bancone con gli amici e a individuare la preda della giornata e le ragazze passavano il loro tempo sedute sulle poltroncine a bere (alla meglio) Coca-Cola, sorridendo e parlando con le amiche. Poi ad un certo punto succedeva la magia e un ragazzo si decideva a chiedere di ballare a una ragazza e quello era il Master-Top della serata a livello di contatto fisico, tanto che a volte non si parlavano neanche. Un ballo e fine. ma quello bastava per decretare i margini di confine intorno a quella ragazza o a quel ragazzo, eh si, ormai si appartenevano sotto le note del Ballo del Mattone. Così fece anche mio padre. Un giovane fighissimo, di cui sicuramente mi sarei perdutamente innamorata anche io: sigarette, birra nell’altra mano, capelli lunghi e mori, sorriso perfetto, buoni gusti musicali, gran gusto nel vestire, battuta prontissima e sempre intelligentissima, senso del ritmo pari a zero. Stava là che si guardava mia madre: ragazza di una bellezza gentilissima e delicatissima, pelle di porcellana, lunghi boccoli biondi, sorriso timido, poche parole e poche amiche. C’è da dire che mio padre era fidanzato all’epoca con una ragazza di Parma, perchè faceva il macchinista ed andava girando per tante città italiane. Mia madre questo lo sapeva ed è proprio per tale ragione che rifiutava tutti i sabati l’invito di mio padre a ballare, che partiva automatico. Una sera mia madre decise di concedergli almeno un ballo, mise da parte il suo altissimo senso morale e il suo orgoglio e ballarono insieme, finalmente mio padre seppe il suo nome. Quell’impertinente di mio padre continuò a corteggiarla chiedendole di uscire nonostante fosse fidanzato e mia madre continuò a rifiutarsi categoricamente. Era proprio una tipa che te la faceva sudare diciamo, con la faccia d’angelo e il carattere di una tigre. Una sera il furbone di mio padre decise di trarle una trappola: si mise d’accordo con la cugina di mia madre e il fidanzato di lei e fece convincere mia madre ad andare al cinema con loro. Mia madre si fece convincere anche se non le andava troppo a genio di fare il “moccolo” della situazione ma decise di fare il favore a sua cugina. Arrivati al cinema ci trovò davanti appoggiato al muro, con la sua sigaretta in mano mio padre e gli occhi le si illuminarono subito ma trattenne l’entusiasmo. Quella sera al cinema ci scappò il primo bacio. Mia madre promise a mio padre che non sarebbe più accaduto fin tanto che lui fosse stato fidanzato con un’altra (Tiè, ci aggiungerei io). Detto fatto, mio padre tornò da mia madre giurandole che non aveva più nessuna e che voleva solo e soltanto lei (ed era vero!). Mia madre si fidò, perchè era già perdutamente innamorata di quell’impertinente bel ragazzo, nonostante amiche invidiose le continuassero a dire “tienilo d’occhio perchè quello è uno sbruffone e ti farà soffrire, ti sta solo usando”. Lei non ci credeva e fece bene, anche se ancora non sapeva che mio padre l’avrebbe continuata ad amare per più di 30 anni. Per uscire con lui, mia madre raccontava bugie a mio nonno, uomo austero d’altri tempi, diceva che andava al cinema e invece si vedeva con mio padre di nascosto. Mio padre le faceva vivere la vita che lei non aveva mai assaggiato, ma che dentro di sè coltivava silenziosa da sempre. Le fece scoprire i ristorantini più nascosti e tipici di Firenze, le fece scoprire le stelle col telescopio e i pianeti che solo a certe ore di certi giorni si vedono, le fece scoprire l’arte e la pittura e la portò a vedere le migliori mostre e gallerie italiane, le fece scoprire l’automobile e la bellezza di guidare, le insegnò a guidare e la aiutò a prendere la patente appena si sposarono, la fece appassionare al cinema e alla buona musica regalandole infiniti VHS e infiniti LP, le fece scoprire l’avventura e l’arte dello “zingarare” in giro, le fece scoprire cosa vuol dire prendere la macchina e andare in giro per l’Europa per 3 mesi senza prenotare assolutamente nulla, cosa significa decidere di partire la notte per Parigi col treno solo per assaggiare i croissant e vedere la Torre Eiffel e ripartire la sera stessa. Intanto mio padre si innamorava della curiosità di mia madre, di quell’animo selvaggio che aveva sempre tenuto nascosto, della sua genuinità e semplicità e della sua sconfinante fiducia in lui e di quanto lei ci credesse in lui. Si sposarono come è ovvio che sia e ancora oggi io vedo nei loro occhi quella vita. Quel bagliore che non si spegne mai e che riconosco in ogni piccolo gesto che li vedo fare. Si conoscono a memoria e si amano a memoria, si amano come si impara ad andare in bicicletta: senza scordarsi mai come si fa.

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Non voglio mai scordarmi come si fa. Voglio andare a prendergli il cappuccino a Mont Martre anche solo perchè mi va. Voglio invitarlo a ballare senza dirci neanche una parola, solo con la consapevolezza di non voler  smettere mai. Il Ballo del Mattone magari, o qualsiasi cosa passi la radio in quel momento.