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Se potesse parlare la mia gatta direbbe.

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Avere 3 gatte in famiglia non è cosa da poco. Avere 3 gatte come le mie in famiglia è un numero da circo. Le mie 3 gatte nella loro vita precedente erano sicuramente 3 fighe pazzesche. Ognuna col suo carattere, diversa dalle altre. Ma sicuramente 3 fighe.

La prima si chiama Eva, e non a caso, perchè è la prima donna di casa. E anche la più vecchia, quasi biblica direi, dal momento che ha 20 anni. Praticamente siamo cresciute insieme. E’ la gatta più buona del mondo. Adesso che fa invidia anche a Matusalemme è sorda, dorme sul divano e risparmia le energie per mangiare. E per la sua inderogabile dose quotidiana di coccole. Se fosse donna probabilmente sarebbe un’anziana allettata. Invece se potesse parlare probabilmente starebbe zitta. Silenziosa. E chiamerebbe solo mio zio, “Lucianoooo!” (con la stessa potenza di mia nonna quando ha bisogno d’aiuto), per farsi aiutare a scendere e salire dal divano e per chiedere da bere e da mangiare. Stop.

La seconda è la mia preferita, Lea. Anche perchè è la gattina mia e di mia sorella. La portò lei a casa due anni fa da una cucciolata di Torino. Quindi fece il viaggio in treno con lei e sbarcò in terra fiorentina. E’ una stronza nata. E’ bella e stronza. E anche piena di carisma. Se fosse donna sarebbe una di quelle ragazze che se la tirano un sacco, ma che ti piacciono per forza, che ti lasciano e poi ti prendono, bellissime e misteriose, ma soprattutto che fanno male. Se invece potesse parlare sicuramente avrebbe qualcosa da dire. Per esempio sono sicura che direbbe che mia madre e mio padre cadono ai suoi piedi, e potrebbe fare di loro tutto quello che gli passa per la testa, se volesse. Oppure di mia sorella direbbe che è  una rompipalle che si prende troppa confidenza, e che tutte le volte deve fare i conti con le sue idiozie e le sue paroline stupide. Di me sono sicura che direbbe che può definirmi un’amica. Non un’amica strettissima, ma una persona con cui ci si può stare bene e ci si può litigare da esseri normali. Insomma ci capiamo io e lei.

L’ultima, Pepita, è anche l’ultima arrivata. Un’anno di gattona stile leopardo. Enorme e famelica. E soprattutto menefreghista. E’ la gatta di mia sorella maggiore anche se non se la caga di striscio. Vive nel suo mondo e vorrebbe fare amicizia anche con le farfalle (ora che ci penso ai ragni ci è già arrivata). Fa capitomboli e, nonostante sia un gatto, la sua mole la rende estremamente goffa e buffa. Se fosse una donna sarebbe una di quelle ragazze un pò svampite, borderline per l’autismo, che ogni tanto ti illuminano la giornata con le sue uscite originali e divertenti. Se potesse parlare sicuramente canticchierebbe canzoncine buffe e vorrebbe bene a tutti, ma col distacco necessario che si prendono questi tipi con il resto del mondo. Come se non gli appartenesse mai fino in fondo.

Una cosa la so, sicuramente un gatto nella mia vita ci sarà sempre.

E so anche un altra cosa, da due anni le mie gattine giovani hanno completamente rincitrullito i miei genitori. Targhette di legno con incisi i nomi, collarini di ogni tipo per ogni occasione, copertine personali, cibo a volontà, parole d’affetto e nomignoli ad alta voce, ricerche nel cuore della notte per riportarle a letto, giochini e conversazioni univoche molto molto bizzarre.

Ecco azzardo che forse, ma solo forse, e solo azzardando, ho l’impressione, ed è un’impressione buttata lì, che abbiano bisogno di nipotini.